menu

Portale

Autonomia del Veneto

Per l'attuazione dell'art. 116,
terzo comma, della Costituzione

L’INTERVENTO. PROFESSOR GIOVANARDI: “LA BATTAGLIA SULLE COMPARTECIPAZIONI TRA CENTRALISMO E AUTONOMIA”

13 marzo 2024

Pubblichiamo di seguito un articolo scritto per il nostro sito dal professor Andrea Giovanardi.

Il professor Andrea Giovanardi è ordinario di Diritto tributario all’Università di Trento. È membro della Delegazione trattante incaricata dalla Regione del Veneto di seguire in negoziato con il Governo per il raggiungimento dell’autonomia differenziata. Fa parte dei 61 esperti chiamati a comporre il CLEP, il comitato per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale.

Con sentenza 27/2024 la Corte costituzionale si è pronunciata sulla legittimità delle norme istitutive (art. 1, co. 115-119, l. 197/2022) del contributo di solidarietà per gli operatori del settore energetico nella parte in cui non prevedono che i 9/10 del gettito riferibile alla Valle d’Aosta le debbano essere destinati. Quest’ultima aveva impugnato le ricordate norme sull’assunto che lo Statuto di autonomia obbligasse a riconoscere la compartecipazione al gettito  (9/10) già prevista per l’imposta sui redditi delle società (IRES) anche per il tributo di nuovo conio: insomma, se la Regione alpina “si porta a casa” i 9/10 dell’IRES e di moltissimi altri tributi statali (per l’IVA, per la verità, i 10/10) pagati dalle imprese e dai cittadini che nella Valle risiedono, dovrebbe ritenersi incostituzionale la norma che non prevede identico trattamento anche per il nuovo tributo introdotto per l’anno 2023.

La Corte non ha condiviso tale tesi perché nell’ordinamento finanziario della Valle d’Aosta sono tassativamente indicati i tributi compartecipati, sicché, non potendo ricondursi il nuovo prelievo all’IRES, che dell’elenco fa parte, non vi sono ragioni per ritenere non conformi allo Statuto di autonomia le disposizioni statali che riservino il gettito della nuova imposta interamente allo Stato. D’altra parte, aggiunge la Corte, alla Regione non sono stati assegnati nuovi compiti, sicché non ci sono motivi obbliganti da un punto di vista costituzionale perché le vengano attribuite ulteriori risorse.

È quest’ultimo il principio che Ivo Rossi, referente per l’autonomia del PD veneto, ha valorizzato, affermando che da esso si desume che “la compartecipazione al gettito dell’imposta deve essere strettamente legata alla funzione attribuita”, non essendo quindi ammesse “furbizie”, attraverso cui si chieda di “attribuire alla regione l’incremento del gettito generato dall’andamento del ciclo economico”.  Commette “eresia” chi afferma che “è del tutto fisiologico, in un ordinamento che dà spazio anche al principio di territorialità, che la regione possa trattenere parte del gettito del tributo corrispondente all’aliquota di compartecipazione che le è stata assegnata”.

Ebbene, da eretico non pentito, rilevo che il tentativo di utilizzare la pronuncia della Consulta per sostenere tesi anti-autonomia differenziata è, per le seguenti ragioni, sbagliato.

Ribadendo il principio di corrispondenza tra funzioni e fonti di finanziamento, la Corte, che peraltro ha deciso avendo a riferimento il diverso contesto istituzionale delle regioni a statuto speciale, non ha sostenuto che la compartecipazione debba essere necessariamente tarata in modo millimetrico, così da coprire esattamente le spese che la Regione deve sostenere. Così non è per la Valle d’Aosta, il cui ordinamento finanziario si regge su entrate compartecipative determinate ex ante, a prescindere dai fabbisogni, così non è detto che debba essere per le Regioni che, ottenendo ulteriori competenze oggi gestite dallo Stato, debbono vedersi riconosciute le risorse che consentano di coprire le spese necessarie al loro esercizio.

Rossi direbbe: la Corte ha preso atto che le Regioni a statuto speciale sono “in concreto” meglio trattate rispetto alle altre, sicché queste ultime, se cercano di usufruire di un qualche analogo meccanismo di finanziamento, si muovono astutamente e comunque al di fuori degli spazi loro riconosciuti. Ora, a parte il fatto che non si capisce il motivo per cui non andrebbero stigmatizzate per la loro “furbizia”, peraltro originaria, anche la Valle d’Aosta, il Trentino, l’Alto Adige, il Friuli-Venezia Giulia, la Sicilia e la Sardegna, quel che va evidenziato è che la tesi in base alla quale non potrebbe essere riconosciuto alle ordinarie un trattamento in qualche situazione non dissimile rispetto alle speciali è infondata perché parte dal presupposto secondo il quale sussisterebbe un generalizzato principio di disfavore operante senza eccezioni nei confronti delle prime.

Ma non è tutto. Se le compartecipazioni funzionassero, indefettibilmente, in modo da coprire i costi (con la conseguenza che dovrebbe essere restituito allo Stato ogni eventuale surplus, anche quando risultante dalla maggiore efficienza regionale), non si potrebbe che prendere atto che queste ultime si trasformerebbero in trasferimenti dal centro, che, tuttavia, non sono ammessi tra le forme di finanziamento delle autonomie dall’art. 119 della Costituzione (che, quindi, a voler seguire la tesi di Rossi, risulterebbe violato). 

Infine, fatica a comprendersi la battaglia dell’ex sindaco di Padova in un contesto in cui le scelte del tanto discusso d.d.l. Calderoli sono (purtroppo) assolutamente garantiste per i non autonomisti, prevedendosi all’art. 8, co. 2, che si dovrà procedere annualmente alla “ricognizione dell’allineamento tra i fabbisogni di spesa già definiti e l’andamento del gettito dei tributi compartecipati per il finanziamento delle medesime funzioni” in modo da apportare “le necessarie variazioni delle aliquote di compartecipazione”. Detto in parole più semplici, nessuna risorsa oltre quelle strettamente necessarie per il costo della funzione verrà, se non interviene la Camera dei deputati, trattenuta dalle Regioni, che, quindi, non potranno contare: i) sulle maggiori entrate territoriali che la compartecipazione garantirebbe (Rossi peraltro non dice che se il gettito regionale aumenta, anche lo Stato ci guadagna, molto più della Regione visto che la quota regionale sarà di gran lunga più bassa di quella statale); ii) sui risparmi derivanti dalla maggiore efficienza che la Regione sia in grado di garantire (insomma, quando le autonomie risparmiano, lo Stato incassa).

La conclusione, quindi, è obbligata: siamo di fronte all’ennesima riproposizione di logori e malfunzionanti schemi centralistici a discapito dell’autonomia e, a ben vedere, anche del buon senso.

Andrea Giovanardi

Risorse correlate